Sono sicuramente la persona meno adatta a scrivere questo post, dato che inizialmente il titolo era: “Freelance e Coronavirus: concedersi il lusso della paura”.
Sì, perché se il mondo si è fermato a guardare cosa sta succedendo, i freelance non possono permetterselo. Se in queste settimane ti sei sentito apatico, depresso, hai fatto fatica a essere produttivo sul lavoro e hai alternato momenti di ansia cosmica ad altri di costernata rassegnazione, don’t worry: è capitato a tutti noi sfigati dell’alzati e fattura.
Questo non è un post di consigli, non è una guida per freelance “ai tempi del coronavirus”. È un insieme di cose che – un po’ per disperazione, un po’ per sfizio – ho cercato e fatto in questo periodo. Per me è anche un modo per tornare a rileggermi quando, e so che capiterà, tornerò a vedere tutto buio.
Social e notizie online solo con estrema moderazione
E, soprattutto, da fonti autorevoli. Sai, noi italiani (ma credo sia così ovunque) all’occorrenza siamo esperti di immigrazione, economisti, avvocati, sappiamo – in politica – chi mente e chi no. In questo mese e mezzo siamo magicamente diventati tutti medici e virologhi. E diciamo la nostra sui social network, scriviamo addirittura ebook sul Coronavirus anche se il nostro lavoro è fare tutt’altro, e diamo il tutto in pasto a internet. Tutti possono e si sentono in diritto di esprimere il loro punto di vista, con la scusa del “confronto”: perché internet è libero, democratico, e perché crediamo che ci sia sempre qualcuno pronto a leggerci, ad ascoltarci e ad accarezzare il nostro ego.
Qualcuno mi trovi un sinonimo non volgare di: stronzate.
Fatta questa doverosa puntualizzazione (e lo so, sembra assurdo dover puntualizzare l’ovvio, eppure!), soffermiamoci sulle notizie provenienti dalle testate online: pure qui si naviga a vista e non sempre sembra acqua quella in cui stiamo remando…
Dopo l’assurda fuga di notizie della notte fra il 7 e l’8 marzo 2020, “decreto sì, decreto no, forse è ancora una bozza, ma chi se ne frega annunciamola lo stesso, l’importante è arrivare per primi”, ho scelto di documentarmi solo su selezionatissime testate online: che poi è una sola ed è la newsletter sul Coronavirus de Il Post. Tutto il resto è mormorio di fondo, audience, gioco a chi ce l’ha più lungo (ciao Mentana, ciao!).
Come persona ho assecondato il mio desiderio di starmene per i fatti miei (non che prima fossi mai stata l’anima della festa, eh). Il mio account Facebook è sempre stato molto blindato, quindi per fortuna la mia bolla è relativamente sana. Twitter è il social che apprezzo maggiormente in questo periodo di Coronavirus: forse di nuovo sono stata brava a costruirmi una bolla, ma mi pare di leggere persone con ancora qualche neurone in testa. Con Instagram invece ho un rapporto di amore e odio: apprezzo chi mi strappa una risata o ha ancora le forze di mostrarmi un pezzo della sua quotidianità, skippo direttamente chi, invece, continua a vender(si)e come se niente fosse.
Come professionista invece sto ignorando tutto quello che riguarda la comunicazione della mia attività online: la mia pagina Facebook, ad esempio, mi occhieggia adirata a suon di “la comunicazione non può fermarsi!”. Sto sbagliando, è probabile, ma prima di essere una professionista sono una persona che in questo momento non se la sente di informare, fare dirette, vendere. Magari a breve cambierò idea, magari no. Non mi giudico, non mi colpevolizzo e penso che le persone che mi seguono siano abbastanza intelligenti da capire i motivi del mio silenzio. La parola d’ordine, per me, ora è: leggerezza.
Ritrovarsi tra simili
Una cosa che mi ha fatto molto bene è continuare a portare avanti il progetto del FreelanceMeetup. Questo è il primo dopo due anni che io, Giulia e Andrea avevamo preparato tutti gli incontri da gennaio e dicembre e toh – ironia della sorte – scoppia una pandemia da Coronavirus che ci impedisce di incontrarci tutti dal vivo: giuro, non lo faremo mai più.
Abbandonato l’iniziale momento di smarrimento del tipo “e mo che fammo?”, abbiamo un po’ come tutti virato alle dirette online.
La prima che abbiamo fatto, proprio a tema Coronavirus, ci è servita per condividere senzazioni ed emozioni date dal momento: ne è venuto fuori, tra un risata e una lacrima, che la stiamo vivendo tutti in maniera abbastanza simile. Senza toccare il lato professionale dell’intera questione (c’è chi lavora come al solito, chi più di prima, chi è fermo), ciò che è emerso è che tutti alterniamo momenti di sconforto e apatia ad altri più propositivi e ottimistici.
Stasera alle 18:00 replichiamo: se ti va puoi essere dei nostri.
Coronavirus: rifugiarsi nel lavoro, anche quando il lavoro non c’è
Ammetto di essere abbastanza fortunata: solo un lavoro è saltato a causa del Coronavirus. Altri ne sono entrati, o pare che: quello che noto invece – o almeno questa è la mia situazione – è che il tempo dedicato ai vari progetti è come se si fosse allungato e diluito, come a ricordarmi che sì, la produttività (mia e dei miei clienti) in questo momento non sta affatto toccando vette altissime, anzi.
Nonostante tutto, cerco di ritagliarmi del tempo per dedicarmi a cose che ho sempre rimandato:
Divertirsi, nonostante il Coronavirus
Vale come se fosse il primo punto. In questo momento è fondamentale coltivare dei momenti di puro divertimento. E qui, per fortuna, ognuno di diverte come più preferisce: c’è chi fa yoga, chi mette la propria professionalità a servizio dell’online, chi aiuta i vicini con la spesa, chi ancora preferisce trascorrere il suo tempo sul divano, a suon di maratone su Netflix. Vale tutto, davvero, basta che ti faccia stare bene.
Quello che sto facendo io e che funziona è:
- Cucinare sano: sono tornata a rispolverare il mio ricettario vegano (anche se vegana non lo sono più). Tagliare le verdure mi dà serenità, mi fa stare bene (puoi ridere);
- Non riesco a seguire nessuna serie su Netflix ma ho riscoperto un gran numero di filmoni su Prime: qui trovi una lista fatta Cinefacts;
- Sono pur sempre una secchiona, per questo non ho smesso di studiare e formarmi. Se sei un freelance sai quanto sia importante e fondamentale, ora c’è il tempo per farlo;
- Quando voglio un momento di puro cazzeggio ignorante guardo qualche video su TikTok: i video che preferisco, manco a dirlo, sono quelli a tema gattini. Non cambierò mai…
- Ascolto, come sempre, tanta musica: ultimamente sono in fissa con The Weeknd. Altrimenti subisco passivamente la musica a tutto volume dei vicini…
- Per qualche giorno mi sono convinta che sarei uscita dalla pandemia in grado di fare questo: poi ho provato e ho preso atto della mia sensualità da porcospino e di quanto sopravvalutassi le mie capacità di coordinamento e senso del ritmo.
Un invito: ridare il giusto peso alla parola empatia
Mi fanno sorridere quelli che, durante il Coronavirus, sostengono che usciremo da questa crisi più consapevoli, empatici e attenti ai bisogni del prossimo, così come non riesco a concepire chi è convinto che questa crisi vada presa come un’opportunità: opportunità de che?
Di certo mi piacerebbe uscire da tutta questa storia ritrovando il senso profondo della parola empatia: che non vuole dire coltivarla, applicarla o credere che ne usciremo più uniti e vicini, ma prendere atto che, magari, non siamo persone in grado di praticarla.
Ammetterlo, prima di tutto a noi stessi, senza ipocrisie e secondi fini, sarebbe già un gran bel passo in avanti.
Che dire? mi trovi su tutta la linea con te.
Unica differenza, sto lavorando come una pazza e sto appresso anche a mia figlia che è già di per sé difficile, mi sto troppo abituando, nel bene e nel male a questa situazione e un po’ sto impazzendo. Ed io sono abituata a solitudine e isolamento, mi domando gli animali sociali o “da esterno” come stiano sclerando.
Inoltre come ti accennavo, le opportunità per il web si stanno moltiplicando, ma perché sono tutti in rete (menomale che internet regge!) ma temo sia solo temporaneo. Il che è un bene ma un male, come ti dicevo, avessi finito il corso prima ora sarei ricca ahhaha poco male, sto coltivando la popolazione del dopo facendo del gratuito ora, il che è anche eticamente migliore.
Un abbraccio virtuale (come sempre) <3
Grande Laura, in bocca al lupo per il tuo progetto e grazie per il tuo commento! Ti abbraccio anch’io!
Amica Laura chiede, amica professional organizer risponde! Per prima cosa GRAZIE per questi tuoi articoli che sono di una lucidità e chiarezza disarmante, oltre che scritti benissimo. È sempre un piacere leggerli. Provo a rispondere alla tua domanda sul tema della pianificazione. In linea generale, trovo un po’ dispersivo (e molto faticoso!) pianificare sul lungo/lunghissimo periodo. Posso avere dei macro obiettivi annuali ma quello che mi fa veramente muovere il c..o è un orizzonte temporale che va dal mese (al massimo) alla settimana (come unità di misura perfetta per iniziare). Sui calendari temo di non poterti suggerire di farne a meno: un buon calendario usato bene è la base. Per “usato bene” intendo solo per attività con uno specifico riferimento temporale: appuntamenti, riunioni, scadenze (concordate e/o anche personali se realistiche). Tutto il resto, le cose da fare per intenderci, non devono occupare il calendario ma nemmeno la mente. Qui entra il gioco il secondo strumento: le liste. Io le amo e ne faccio tante perché mi alleggeriscono e mi fanno stare bene ma per chi non è abituato potrebbero bastarne anche solo due. Un raccoglitore generale di tutti i “to do” e una lista che io chiamo “OGGI” con una selezione di pochi compiti da portare a casa giorno dopo giorno. In questo modo, il calendario da la struttura di massima della settimana, le liste ti liberano la mente e ti fanno focalizzare un pezzettino alla volta. Sai dove trovarmi se hai bisogno di me 🙂 Un abbraccio virtuale
Ciao Chiara, grazie a te per aver risposto al mio urlo disperato!
Dal tuo commento deduco quindi di essere io non in grado di gestire bene il calendario (e di non riuscire a farne capire l’importanza ai miei clienti): mi sento sollevata, vuol dire che posso migliorare e non sono proprio un caso preso!
Grazie per il tuo commento, ti mando un abbraccio! ?